Le vostre letture preferite


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giovedì 27 novembre 2014

Il romanzo della mia vita*


Un bellissimo libro popolato di massoni, poeti, mercanti di schiavi, traditori, amori, passioni e tanto alcool. Il tutto fra Cuba, Messico e USA, dagli inizi dell’Ottocento a pochi anni fa. In realtà i racconti sono due: quello del mitico poeta romantico cubano José María Heredia che ricorda la sua vita e quello del professore universitario Fernando Terry espulso da Cuba castrista in seguito a una delazione.
Dopo diciotto anni d'esilio in Spagna, Terry decide di tornare un mese all'Avana sulle tracce di un antico manoscritto: "Il romanzo della mia vita", autobiografia del grande poeta. La narrazione si sviluppa intrecciando tre livelli temporali differenti: la breve, difficile esistenza di Heredia (1803-39), costretto a un esilio involontario negli Stati Uniti e in Messico; gli sforzi di suo figlio José de Jesús che si preoccupa di nascondere il romanzo per proteggere la reputazione del padre massone, ma non solo; e infine la vicenda esistenziale di Terry, letterato in un Paese socialista.
Alcuni dicono che all'inizio si fatica a prendere il ritmo, ed è abbastanza vero, ma presto si entra nella storia e ci si appassiona perché, come lo ha definito l’autore stesso, è "giallo senza un cadavere". E l'autore di gialli se ne intende.

Leonardo Padura Fuentes è nato nel barrio di Mantilla e ha studiato in quello di La Víbora. Poi si è laureato alla facoltà di Letteratura Latino-americana dell’Università dell’Avana e ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1980 per la rivista letteraria El Caimán Barbudo e per il quotidiano "Juventud Rebelde". 
Il suo primo romanzo, Fiebre de caballos, è una storia d’amore scritta tra il 1983 e il 1984. Nei sei anni seguenti Padura scrive reportage su fatti storici e culturali che, come racconta lui stesso, gli permettevano di trattare tematiche reali in maniera letteraria. Risale proprio a questo periodo la nascita del tenente Mario Conde, personaggio che vivrà per molti anni e che gli regalerà un gran successo di pubblico. Attualmente Padura vive nel barrio di Mantilla, quello che l’ha visto nascere. Il romanzo della mia vita è stato scritto nel 2005, mentre il bellissimo "El hombre que amaba a los perros" (in italiano "l'uomo che amava i cani", romanzo sulla storia di Ramón Mercader, il sicario che ha assassinato Leon Trotsky è stato scritto nel 2009).



lunedì 10 novembre 2014

Nemesis*

 
“Nemesis”, il primo...
 
Primo romanzo di Donatella Fantoccoli. Tema centrale: la violenza, quella sui bambini; affrontata senza compiacimenti ma neppure ipocrisie. Quella violenza che condiziona per tutta la vita sopratutto i più sensibili, i più vulnerabili. Ma forse il vero tema e quello della vendetta che sostituisce una giustizia lenta, miope e sopratutto inadeguata a contrastre reti di questo tipo.
Sullo sfondo una Varese tranquilla e ipocrita. Alessandra, la protagonista, si trova in mezzo a tutto questo e dovrà prendere decisioni difficili.
Nemesis è un romanzo lungo (un po' troppo all'inizio) e ben costruito che a un certo punto ti aggancia e non ti molla. C'è un bambino che mostra gravi problemi psichici. Strane morti avvenute in circostanze misteriose. Personaggi che nascondono un passato insospettabile. Una società cittadina interessata unicamente a salvaguardare le apparenze.
 
 

 




venerdì 31 ottobre 2014

La versione di Mike*

 
Una lettura sorprendente e piacevolissima. Tutta la vita di Michael Nicholas Salvatore Bongiorno detto Mike che inizia a New York, prosegue a Torino con la mamma, decolla con i primi lavoretti alla Stampa, (redazione sportiva, prima e durante la guerra), inizia davvero con la Resistenza (fatto noto, ma non è noto cosa abbia fatto), continua a San Vittore dove un plotone di esecuzione si ferma a quello prima di lui.
Poi i campi di concentramento nazisti in Austria, lo scambio di prigionieri e il ritorno a New York dove prosegue l'attività di giornasta lavorando alla radio (cronaca e sport). Sempre in contatto con l'Italia, incontra Vittorio Veltroni, padre di Walter, che gli cambia il nome in Mike e lo lancia nella carriera televisiva più lunga del mondo, a tutti nota. E' lui l'unico che fermava il cinema perché quando andava in onda Lascia o raddoppia? si fermava il film e si metteva la TV sul palcoscenico. Altrimenti nessuno andava al cinema il giovedì. (E il giovedì era già stato imposto come giorno dalla lobby del cine perché altrimenti rovinava il sabato!). Confermo perché lo ricordo al cinema Ariosto, a Milono.
Umberto Eco ne coglie la portata sociale e ne analizza il carattere nella sua "Fenomenologia di Mike Buongiorno", ma Mike in questo libro si vendica e letteralmente ridicolizza Eco (passaggi deliziosi).
Poi arriva Silvio Berlusconi che lo sceglie come avanguardia e portabandiera della sua avventura televisiva, gli fa un'offerta di quelle che non si possono rifiutare e con lui fonda quello che abbiamo visto. 
Infine l'incontro con Fiorello che lo capisce a fondo e gli tira fuori la sua vera vena ironica.
"La versione di Mike" è la sua prima, vera, autobiografia, scritta a quattro mani con il secondo figlio Nicolò. Così si dice, vero o no che importa? E' straordinaria!

giovedì 30 ottobre 2014

Nel mare ci sono i coccodrilli***


L'Afghanistan non è un posto ideale per nascere, né per crescere, soprattutto se sei hazaro e quindi perseguitato sia dai talebani sia dai pashtun e se qualcuno reclama la tua vita a risarcimento di un debito paterno. Così, un giorno, tua mdre ti porta in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene (tre cose: non rubare, niente droghe e niente armi) e ti lascia solo.
Qui inizia il drammatico viaggio che ti porterà in Italia passando per l'Iran, la Turchia e la Grecia. Un viaggio nella miseria e nella nobiltà del mondo. 
Un bel libro, veloce e interessante. Ovviamente di attualità.
Fabio Geda è nato nel 1972 a Torino, dove vive. Dopo una laurea in Scienze della comunicazione, ha deciso di occuparsi di disagio minorile e così, per un decennio, ha lavorato come educatore per i servizi sociali. Un'esperienza che ha, in qualche modo, riversato nella sua produzione letteraria, sebbene questa non sia mai direttamente autobiografica.
Nel 2007 ha esordito con Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani (Instar), Il romanzo ha avuto grande successo di pubblico e critica ed è stato tradotto in Francia, in Germania e in Romania aggiudicandosi diversi premi.
Nel 2008 ha pubbloicato L'esatta sequenza dei gesti, vincitore del Premio Grinzane Cavour e del Premio dei Lettori di Lucca. 
La consacrazione è arrivata però nel 2010, con Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini Castoldi e Dalai): 300 mila copie vendute, tradotto in trentadue paesi. 


giovedì 23 ottobre 2014

Scrittura cuneiforme*


 
Lo scenario è quello dell'Iran nel pieno della "modernizzazione forzata" degli scià, la lotta di liberazione, l'avvento e la fine di Khomeini, l'annientamento del comunismo. In un continuo passaggio tra presente e passato, tra Olanda e Persia, tra poesia e realtà, protagonista del libro è il rapporto tra padre e figlio, ma anche i grandi temi di oggi: l'incontro di culture, lo scontro fra tradizione e progresso, la capacità di ritrovare contatto tra esseri umani. 
Ismail, esule politico iraniano rifugiato in Olanda, riceve un giorno un misterioso taccuino, scritto in strani caratteri incomprensibili. È il quaderno che suo padre Aga Akbar, riparatore di tappeti sordomuto e analfabeta, portava sempre con sé. Peregrinando tra le montagne innevate al confine tra Iran e URSS, nei villaggi dove si tessevano tappeti volanti e i santi aspettavano il Messia leggendo libri in fondo ai pozzi, Aga Akbar registrava i suoi pensieri nell'unica scrittura che conosceva, i caratteri cuneiformi copiati da un'iscrizione rupestre.
Ismail, che di suo padre era stato "la bocca e le orecchie", si pone il compito di tradurlo, per perdonarsi di averlo abbandonato e riconciliarsi con il proprio destino. Nel "Paese piatto", dove si è ritrovato anche lui in certo modo analfabeta (nulla di più distante dei Paei Bassi dalla Persia), si mette a decifrare il passato, il suo e quello dell'Iran dell'ultimo secolo.
Interessante e piacevole, nel filone dei romanzi calati in una realtà storico sociale coerente e precisa. Si potrebbe definire un saggio "romanzato" o un romanzo "saggio". La casa nella mosche.
Kader Adolah, primo di sei figli, cresce in una regione di stretta osservanza islamica. Volendo seguire le orme di un suo trisavolo, uomo politico e poeta assassinato dallo scià nel 1875, sogna fin da piccolo di diventare scrittore. Per questo, dall'età di 12 anni si dà allo studio della letteratura occidentale, che fa sorgere in lui l'interesse culturale per l'Occidente di cui ascolta clandestinamente le stazioni radio.
Nel 1972 inizia a studiare fisica all'università di Teheran e ottiene un posto di direttore in una fabbrica di imballaggi. È in questa epoca che si interessa di scrittura, con la produzione di numerosi testi in lingua persiana. Dopo aver pubblicato due raccolte di racconti, adottando come pseudonimo i nomi di due esponenti dell'opposizione, Kader e Abdolah, assassinati dal regime iraniano degli ayatollah, le autorità scoprono in lui un membro attivo dell'opposizione, una circostanza che lo costringe ad abbandonare il suo paese nel 1985, insieme alla moglie, per trasferirsi in Turchia. Vi rimane tre anni, fino a quando entra in contatto ad Ankara con una delegazione olandese delle Nazioni Unite.
Decide così di rifugiarsi nei Paesi Bassi dove ottiene lo status di rifugiato politico. Impara l'olandese essenzialmente da autodidatta, aiutandosi con libri per bambini e raccolte di poesia. Inizia a scrivere in olandese, sforzandosi di padroneggiare meglio la lingua. Debutta nel 1993 con la raccolta di novelle incentrate sull'esperienza di esule: l'opera gli vale il Gouden Ezelsoor, premio olandese destinato agli esordienti. Nel 1995 esce una seconda raccolta, sullo stesso tema, intitolata "Le ragazze e i partigiani".
Pubblica un numero crescente di libri sotto lo pseudonimo di Kader Abdolah e tiene ogni settimana una rubrica nel giornale "de Volkskrant", sotto lo pseudonimo di Mirza, che significa "cronista", e che è anche il nome di suo padre morto. La sua opera è quasi sempre incentrata sulla vita tra due culture, quella originaria dell'Iran e quella adottiva dei Paesi Bassi, e sulla vita nella diaspora. Nel 1997 esce il suo primo romanzo, a sfondo autobiografico, "Il viaggio delle bottiglie vuote". 
Nel 2000 esce "Scrittura cuneiforme". "La casa della moschea", scritto subito dopo ci ha convinto ancora di più (vedere recensione sotto). Nel 2008 esce in "Il messaggero - Il Corano", formato da una biografia romanzata di Maometto e da testi tradotti dal Corano. Nel 2011 pubblica "Il re", ambientato nella Persia a cavallo tra Ottocento e Novecento al centro degli interessi coloniali di Russia, Francia ed Inghilterra.
 

 

lunedì 15 settembre 2014

I celebri casi del giudice Dee*


Opera di un anonimo cinese del XVIII secolo, I celebri casi del giudice Dee racconta è un giallo modernissimo che si legge con grande piacere. Nulla da invidiare ai grandi autori dei nostri tempi e ai celebri degli anni passati. Racconta i casi dei magistrati distrettuali, una tradizione letteraria che si sviluppò in Cina molti anni prima che gli scrittori occidentali si cimentassero con il genere poliziesco.
Funzionario considerato quale "padre e madre del popolo", ma anche detective con l'incarico di condurre le indagini, il giudice Dee, da poco assegnato al distretto di Chang-ping, affronta tre casi all'apparenza senza soluzione: un doppio omicidio nell'ambiente dei mercanti della seta, l'apparizione di uno spettro che chiede giustizia e l'avvelenamento di una sposa durante la prima notte di nozze. Le sue raffinate capacità deduttive e il suo pratico senso della giustizia avranno infine la meglio su inganni e superstizioni.

Robert van Gulik (Olanda, 1910-1967), nel corso dei suoi studi sulla civiltà cinese, ha scoperto questo romanzo, lo tradotto in inglese e lo h pubblicato in Giappone nel 1949 con un'introduzione e una serie di note che si rivelano un prezioso strumento per la conoscenza del sistema giudiziario cinese.


mercoledì 10 settembre 2014

Il cielo color melograno*



"Il melograno è il frutto dell'Iran: il suo colore è quello della passione e dell'amore, ma anche del sangue e del fuoco. E il cielo si fa rosso o per un bel tramonto o per le fiamme più alte". Il romanzo dell'anglo iraniana Louise Soraya Black è questo: una storia d'amore e tante passioni in una Teheran in fiamme per la guerra con l'Iraq e infuocata dalle lotte politiche alterate dalla teocrazia.
Gli anni sono quelli della presidenza Kathami, le relazioni clandestine, i matrimoni combinati, le classi sociali separate da abissi, i ricchi proprio ricchi, con palazzi, cene private, feste e club e i poveri disperati. Unico elemento unificante: il terrore per la polizia segreta e per le ronde della "buoncostume" dei fanatici religiosi e degli ayatollah che pattugliano la città per controllare il livello di moralità. Naturalmente non con i bei modi.
Louise Soraya Black è nata in Iran ma vive in Gran Bretagna. Ritrae una borghesia iraniana amante del buon cibo, della moda e della cultura dell'Occidente ma costretta dai pasdaran a dissimulare inclinazioni e abitudini. Severa con i nostalgici dello scià, è altrettanto spietata con i fanatici dell'Islam.
Una lettura piacevole e interessante.

 

lunedì 25 agosto 2014

La casa della moschea***

Da secoli la famiglia di Aga Jan, ricco mercante di tappeti e capo del bazar, ha legato i suoi destini alla moschea di Senjan, nel cuore della Persia. E' un punto di osservazione fantastico per capire che cosa è successo in Persia/Iran in questi ultimi anni (dalla caduta della scià ad ora). Si ripercorre la modernizzazione filo-occidentale imposta dallo scià, l'intransigente reazione oscurantista che si prepara a Qom, la città degli ayatollah (la roccaforte dell'integralismo sciita), il tentativo "femminista" di Farah Diba, moglie dello scià e immagine dell'emancipazione femminile, Khomeini che prepara la rivoluzione dall'esilio. Eventi che cambieranno il volto dell'Iran.
 
L'autore, Kader Abdolah, è un iraniano che vive in Olanda come rifugiato politico dal 1988. Scrive bene, non è un saggio ma del saggio ha il rigore logico e l'analisi politica. Del romanzo il brio e la psicologia dei personaggi, tutti ben disegnati.

La prima cosa che guardo*, Le cose che non ho*

 

 
L'attrice americana Scarlett Johansson ha vinto la causa contro Gregoire Delacourt: la star lo aveva accusato di "appropriazione indebita della sua immagine" per il personaggio del suo ultimo romanzo ("La premiere chose qu'on regarde" - "La prima cosa che guardo"). Il romanzo racconta la storia di una ragazza francese la cui vita è drammaticamente influenzata dal fatto di essere identica all'attrice americana. Più che una fortuna sembra una condanna. A morte. Si legge di un fiato ed un libricino divertente. Il bello è che a fronte di una richiesta di risarcimento di 50.000 euro, il tribunale ha imposto allo scrittore francese e alla sua casa editrice di pagare 2.500 euro per i danni.
L’autore, Gregoire Delacourt, 1960, ha iniziato a lavorare nel campo pubblicitario nel 1982 come copywriter e nel 2004 ha fondato l'agenzia Quelle belle journée. Il suo primo libro, "L'écrivain de la famille", è del 2011. Nel 2012 ha pubblicato "La Liste de mes envies" ("Le cose che non ho", premiato anch'esso) e nel 2013 La prima cosa che guardo. Si vede che è un bravo copy perché scrive bene: con le parole ha mestiere.
Le cose che non ho è pure divertente e veloce. Protagonista è una vincita alla lotteria che, come sempre, cambia la vita alle persone e genera vicende fantasiose materializzando sogni, ma soprattutto incubi. È quello che accade a Jo, merciaia di Arras, la protagonista di questo romanzo: "un cuore semplice", una donna intelligente e positiva con un'esistenza quieta, piena di piccoli sogni, che per un colpo di fortuna all'improvviso è in grado di realizzarli tutti. Meno uno, il più importante. Baciata dalla fortuna diventa “sfasciata dalla fortuna”.  
Elle.it ha incontrato Grégoire Delacourt a Milano.
-Come pubblicitario, lei sa come giungere al cuore della gente. La sua attività principale ha in qualche modo influito nella genesi di questo romanzo, che è come una favola agrodolce che colpisce?
«Direi di no, qui il mio obiettivo non era vendere. Ma è anche vero che la pubblicità mi ha insegnato a esprimermi con poche parole e mi ha aiutato a conoscere meglio il mondo femminile. Ho lavorato per l’industria cosmetica e ho imparato a conoscere le donne, i loro desideri e sogni. La storia che racconto non è una favola rosa, è grigia. Stiamo attraversando un periodo difficile, in cui le persone sono spesso senza soldi e senza speranza. Il denaro non è la felicità ma è come una bacchetta magica. I francesi spendono ogni anno più di 8 miliardi di euro in lotterie. Da qui mi venuta l’idea di capire cosa succederebbe a una donna di 45 anni se le capitasse di vincere, come cambierebbe la sua vita».
-Che cos’è allora la felicità? Una quotidianità rassicurante che si ripete?
«San Tommaso d’Aquino diceva che la felicità è continuare a desiderare ciò che si possiede. La vera felicità è gratuita. È nell’eleganza di una donna, nelle parole, nello humour, nel riso di un bambino, in un cane che ci viene incontro scondinzolando, nello spettacolo di un’alba… Andiamo troppo in fretta: vogliamo, in fretta, un’auto nuova, una bella donna, un nuovo iPhone. Non si ha il tempo di avere il piacere delle cose. Io credo che dovremmo ritrovarlo. Il denaro ci assicura una vita più confortevole. L’industria del lusso  - mi duole dirlo - ci fa credere che ci renderà più belli con un paio di scarpe, con una borsa… Non è vero. Non bisogna chiedere al denaro ciò che non può darci».
-Tanti, però, dicono che se avessero più denaro sarebbero più felici… «Non è vero! Ricordo la storia di un uomo, francese, separato, con un bambino, che aveva diritto a trascorrere tutti i mercoledì con il figlio. Con un giornalista, si lamentava di non avere i soldi per portarlo in barca, o a Eurodisney. Ma il giornalista gli ha risposto che era sufficiente portare il bambino nel bosco a camminare, a raccogliere funghi. E il piccolo sarebbe stato felicissimo del tempo trascorso col papà!».

-Lei è abilissimo nell’immedesimarsi nella sua protagonista, Jocelyne, una donna di mezza età proveniente da un contesto sociale molto diverso dal suo. È stato complicato?

«In effetti ho la fortuna di avere una madre, una sorella, una moglie eccezionali; in pubblicità, ci sono molte donne, e nei libri, i miei personaggi letterari preferiti sono femminili. Quando finito di scrivere il mio primo libro, dove la protagonista era una madre, mi sono detto che è formidabile essere una donna. Volevo scrivere una storia e guardare al mondo con gli occhi di una donna».

-Bisogna avere una componente femminile sviluppata, per riuscirci.

«Mia madre un giorno mi ha fatto un regalo. Ero ragazzino e stavo piangendo mente guardavo un film, dove c’era un animale che stava morendo. Mio padre mi disse di smetterla, ma mia madre gli rispose di lasciarmi piangere. Questo episodio mi ha trasmesso la fiducia nel diritto di avere dei sentimenti, di esprimere delle emozioni, anche se l'educazione tradizionale impone ai maschi di essere duri. Mi ha fatto davvero piacere aver ricevuto centinaia di lettere da donne che hanno letto il libro e che mi ringraziavano di averle capite e difese. Jocelyne non è una donna banale, è semplicemente normale, come tante. Volevo rendere omaggio alle persone come lei, che hanno comunque delle vite belle».

-Alla fine della storia, la vincitrice è la Jocelyne, l’uomo è perdente… Dunque la donna è più forte?

«Perdono entrambi, in realtà, ma non voglio svelare di più! Quello che davvero mi interessava era capire che cos’è la felicità per una coppia dopo vent’anni, quando desiderio e passione si affievoliscono. Questo è il vero argomento del libro. La felicità è l’amore. Jocelyne è una grande eroina, perché resta fedele ai suoi valori, è coraggiosa e orgogliosa. C’è sempre un prezzo da pagare, e anche Jocelyne pagherà. Ma non avrà tradito se stessa. Spero di potermi reincarnare in una donna!».

venerdì 25 luglio 2014

La signora Harris***

 
Troppo veloce e divertente questo libro di Paul Gattico, da non perdere. Lettura da vacanza o da viaggio ideale. Londra, anni Sessanta. Ada Harris è un'implacabile donna a ore di mezza età, burbera e arguta da vera inglese. Nell'armadio di una padrona viene folgorata da un abito Dior. Da quel momento, ha un obiettivo solo nella vita: andare a Parigi e comprarne uno anche lei.
Così inizia un'esilarante avventura, raccontata con garbo e leggerezza, animata da personaggi probabilissimi ma divertenti.
Scritto negli anni Sessanta, La signora Harris è un piccolo classico ritrovato, una vera perla di humour, che ha scalato i vertici delle classifiche internazionali e ha ispirato un film e un musical.
 
 

lunedì 21 luglio 2014

Il tribunale delle anime


Un oscuro thriller in una Roma dominata dal Vaticano nella quale i preti giocano a fare i detective e la polizia deve vedersela con losche figure religiose. Forse un po' meno felice del precedente, ma certo Donto Carisi sa inchiodarti alla lettura. Una ragazza è scomparsa. Forse è stata rapita, ma se è ancora viva non le resta molto tempo. La protagonista è una fotorilevatrice della Scientifica e il suo lavoro è fotografare i luoghi in cui è avvenuto un fatto di sangue. Il suo sguardo, filtrato dall'obiettivo, è quello di chi è a caccia di indizi.

Due anni dopo il suo libro d'esordio, Donato Carrisi ripropone le atmosfere misteriose e cupe del Suggeritore, ma in una Roma piovosa e inquietante.

giovedì 17 luglio 2014

Il suggeritore*


 

Un bel thriller scritto da un giovane scrittore italiano agli esordi, Donato Carrisi, che sembra scritto da un grande autore "classico" straniero e infatti non è ambientato in Italia ma in un indefinibile paese del Nord. La storia è quella di una grande caccia a un serial killer, anche in questo caso un classico. Una continua sfida con tanto di criminologo e investigatrice specializzata nella caccia alle persone scomparse. Premio Bancarella 2009. Un buon libro davvero. Anche se la storia è terribile e ti porta nei meandri più oscuri del male si rimane agganciati e si legge d'un fiato, come ogni buon thriller.
Donato Carrisi vive a Roma e collabora con "Il Corriere della sera". Scenaggiatore di serie televisive e per il cinema. Si è laureato in giurisprudenza con una tesi sul "Mostro di Foligno". Ne è seguita poi la specializzazione in criminologia e scienze del comportamento. Ha iniziato la sua attività di scrittore con il teatro, a 19 anni. La svolta nella carriera arriva nel 1999 quando si lancia nel mondo della fiction.
Da leggere, se si ama il genere.
 

mercoledì 2 luglio 2014

Afa*


Delizioso libricino di Keyserling, maestro dei primi del Novecento. Un racconto ambientato nella campagna tedesca che descrive il difficile rapporto di un adolescente con il padre. Bellissima figura di tutore dell'ordine, moralista della bellezza e dell'impeccabilità rappresentativa, temuto, spiato. Tra i rituali dell'alta società, la tragedia di una passione non consentita. Con morte liberatoria.
Amato e lodato per la schiva grandezza e la nobile malinconia da Robert Walser, Thomas Mann e Hugo von Hofmannsthal, Keyserling si conferma in questo racconto grande narratore. Secondo i critici "Afa" rimane unico per l'amalgama di grazia, ironia e disperazione.
Da leggere.
 

giovedì 26 giugno 2014

Guida alla Parigi ribelle

Ramon Chao e Ignacio Ramonet (entrambi spagnoli di origine e parigini di adozione) hanno avuto un'idea geniale: raccontare Parigi attraverso i suoi ospiti rivoluzionari. Parigi è stata il teatro di accadimenti con una eco universale: la rivoluzione del 1830, quella del 1848, la Comune, i grandi scioperi del Fronte popolare del 1936, la Liberazione nel 1944, le proteste studentesche del maggio ’68, fino alle rivolte delle periferie nel 2005. Il libro traccia una vera e propria mappatura dei luoghi dove hanno vissuto e agito rivoluzionari, scrittori, artisti ribelli e barricadieri.
E così si va alla scoperta, arrondissement per arrondissement, di dove sono nate le barricate, di chi sono state le prime femministe francesi (come George Sand e Théroigne de Méricourt); di quali sono stati e che fine hanno fatto i protagonisti della Prima Rivoluzione Francese (del dottor Guilotin, che inventò lo sttrumento per dare una morte veloce e civile, che diventò ricco e che poi sperperò tutte le sue fortune con una ballerinetta).
Picasso è arrivato alla realizzazione di Guernica superando una profonda crisi interiore in Rue des Grands-Augustins 17. Marx e Engels si sono conosciuti al Cafè de la Régence in Rue Saint-Honoré. Boris Vian, parigino doc, ha dato vita al jazz club Le Tabou, in Rue Dauphine 33. Il subcomandante Marcos ha soggiornato per studio in Rue Mouffettard. Freud ha vissuto vari mesi a Parigi e così anche Hemingway.
Ma a Parigi sono anche arrivati, nel 1920, via Marsiglia, portati dalla nave André Lyon, due grandi della rivoluzione cinese: Zhou Enlai, che poi ha fatto l’operaio, e Deng Xiaoping, meccanico. Ironia della sorte: quando Deng Xiaoping è caduto in disgrazia durante una delle varie epurazioni maoiste è stato mandato in “rieducazione” in una acciaieria e si è ritrovato di nuovo a fare il meccanico (ma con molta perizia). Deng e Zhou erano compagni di stanza oltre che della Lega dei giovani socialisti di Cina in Francia. E poi a Parigi ha fatto l’operaio, il fotografo, il tipografo e il giornalista anche Ho Chi Minh, che, sotto il nome di Nguyễn Ai Quoc fu nel 1920 uno dei fondatori del Partito Comunista Francese.
Una lettura piacevolissima, perché la struttura del libro impedisce la noia: l’ordine è quello delle strade, non delle idee: svolti l'angolo e cambia secolo e ribellione.
 
 
 

mercoledì 14 maggio 2014

Teo*


 
L'editore la descrive come una favole lieve e intelligente. Sono d'accordo: è una definizione giusta. E' la storia di un ragazzino di 8 anni nel mezzo della separazione dei genitori. Tema non è certo nuovo, ma è affrontato con un lampo di genio e con una bella penna, lieve appunto, divertente, sottile, spesso anche comica. Teo è un personaggio bellissimo, in ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a risolvere la sua personale battaglia: rimettere in sesto la sua famiglia. Pensa che Napoleone di battaglie e di strategie se ne intenda e così si mette sulle tracce del grande imperatore.
Primo libro di Lorenza Gentile, milanese, nata nel 1988. Si è laureata in Arti dello Spettacolo alla Goldsmiths University di Londra e ha poi frequentato la scuola internazionale di Arti Drammatiche Jacques Lecoq di Parigi. Speriamo che si metta presto a scrivere ancora perché ci sa regalare sorrisi e ironia intelligente.

 

 

giovedì 13 febbraio 2014

Che ragazza!*


Una bella storia d’amore fra due fratellastri. Lei ha 24 anni nel 1964, è imprevedibile e un po’ matta. Da ricca vera può non occuparsi del patrimonio che possiede e fare la bella vita al Greenwich Village di New York. Unica ossessione: sposarsi entro i 25 anni.
Lui, rimasto orfano e solo al mondo a undici anni, si trasferisce a casa sua. Lei non ha idea di cosa significhi crescere un ragazzino e si occupa di selezionare i pretendenti alla sua mano. Ma ha voglia di rimanere libera come l'aria.
Lui si ritrova catapultato in un ambiente lontano anni luce dalla quieta e bella fattoria dove è cresciuto, alle prese con una sorella che non conosce, bellissima, irresistibile, ma soprattutto inquieta e impulsiva. E mentre cerca affannosamente di adattarsi a un mondo di adulti strampalati, capisce che per il bene di entrambi non sarà Lady a occuparsi di lui, ma lui a dover crescere in fretta per potersi prendere cura di lei...
Sullo sfondo dei mitici anni Sessanta, con il movimento per i diritti civili, la guerra in Vietnam, il pacifismo e Woodstock, in un momento storico di grande fermento. Con finale a sorpresa.

Cathleen Schine (Westport, Connecticut, 1953), scrittrice e giornalista, vive a New York. Diventata famosa in Italia con il romanzo Lettera d'amore (1996), è autrice di altri successi come Le disavventure di Margaret (1998). Ha pubblicato L'evoluzione di Jane (1998), Il letto di Alice (1999), L'ossessione di Brenda (2000), Sono come lei (2003), I newyorkesi (2007), Tutto da capo (2010) e Miss S. (2011). Questo libro è del 2013.






lunedì 27 gennaio 2014

Argento vivo / Il gioco delle tre carte




Due gialletti piacevoli e veloci. Scritti bene da Marco Malvaldi, allegri, leggeri. Un po' alla Vitali, anche se siamo da tutt'altra parte e la parlata è del tutto diversa. Personaggi ben descritti, ambiente verosimile.
Il gioco delle tre carte è la seconda avventura dopo quella raccontata in La briscola in cinque, la squadra di investigatori del BarLume di Pineta, detto anche «l’asilo senile». 
In Argento vivo, invece, la storia di una rapina a uno scrittore famoso è il cardine del racconto. Così come una mitica Peugeot 206 color argento. Intorno personaggi convincenti: uno scrittore in crisi, un giovane ingegnere avido lettore, una bella agente di polizia rumena, un vecchio editore e una giovane editor.

Marco Malvaldi, nato a Pisa nel 1974, di professione chimico, ha pubblicato (La briscola in cinque, 2007; Il gioco delle tre carte, 2008; Il re dei giochi, 2010; La carta più alta, 2012; Odore di chiuso, 2011, Milioni di milioni, 2012; e Argento vivo, 2013.



mercoledì 15 gennaio 2014

L'amore bugiardo*


Lei è la ragazza perfetta, bella, spigliata, battuta pronta, figlia di uno scrittore di successo che ha reso Amy, protagonista dei suoi libri, una leggenda americana. Lui un figo, giornalista, bello. Sono felici, innamorati, pieni di futuro. Qualche anno dopo però tutto è cambiato. Da Brooklyn a North Carthage, Missouri. Da giovani professionisti in carriera a coppia alla deriva. Amy e Nick hanno perso il lavoro e sono stati costretti a reinventarsi: lui proprietario del bar di quartiere accanto alla sorella Margo, lei casalinga in una città di provincia anonima e sperduta.
E qui inizia il giallo. L’amore bugiardo (Gone girl), di Gillian Flynn, è un thriller costruito su una serie di rovesciamenti e colpi di scena che mettono sul tavolo dell’anatomopatologo il rapporto di coppia. Ben scritto, brillante, intrigante, con due io narranti: lei e lui (Nick e Amy). Ti inchioda alla lettura e il finale è a sorpresa.

Gillian Flynn è nata nel 1971, è cresciuta a Kansas City, nel Missouri, e vive a Chicago con il marito, il figlio e un grosso gatto. Sta lavorando alla sceneggiatura di Gone Girl, che sarà prodotto e interpretato da Reese Witherspoon nel ruolo della protagonista. Ha pubblicato: Sharp Objects (2006), Dark Places (2009), and Gone Girl (2012).


sabato 4 gennaio 2014

Le stelle brillano a New York*

Un bel libro “Le stelle brillano a New York”: inizia debolmente e poi cresce, cresce, aggancia, convince, interessa. Il suo rischio è proprio quello di deludere all’inizio e di perdere il lettore. Ma se si resiste si è soddisfatti della lettura perché i personaggi ci sono, la storia (o le storie) anche. Si passa dal Kansas a New York. C’è la giovane bella e irrequieta, ostinata e ambiziosa, Louise Brooks,  che sogna le luci di Broadway  e che diventerà una delle prime star del film muto; c’è la donna, la protagonista, Cora Carlisle, moglie e madre modello, ligia alle convenzioni e c’è un viaggio che diventa l'occasione unica per scavare nel passato e scoprire la sua verità fino a cambiare il suo futuro. Personaggi scavati nel profondo, ambientati nell'America a cavallo delle due guerre, descritti con intelligenza da Laura Moriarty, che fanno la qualità e la modernità di questo romanzo.

L’autrice è nata a Honolulu nel 1970, ha studiato alla Università del Kansas, dove vive.


Stoner*


Un successo editoriale questo libro di John Williams, Stoner, che ha suscitato anche qualche critica. Un libro piatto, perché racconta la vita di un uomo piatto, ma molto profondo, perché scava nelle menti dei personaggi fino in fondo.  
William Stoner non si allontana mai da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, fa per tutta la vita il professore nella stessa università, per 40 anni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù.
Ma John Williams fa della vita di William Stoner una storia profonda e amara. Nato in una piccola fattoria vicino a Columbia sembra destinato ad allevare mucche e maiali e a lavorare la terra con il padre e la madre. Ma il padre lo manda a studiare Agraria per farne un agricoltore moderno. Peccato che la poesia e la letteratura lo folgorino. Così come lo folgora Edith, bella ragazza, ma tragica compagna.
Mezzo secolo, due guerre mondiali, crudeltà e insensatezze, il tempo che passa troppo in fretta e che sembra scivolare via senza lasciare traccia e, tutto sommato, senza particolare significato, fuori dal piacere, "triste e ironico", che "alla lunga tutte le cose – perfino ciò che aveva imparato e che gli consentiva quelle riflessioni – erano futili e vuote, - svanivano in un nulla che non riuscivano ad alterare". Sullo sfondo la letteratura inglese tra Due e Cinquecento, che sembra lontanissima e priva di senso.
E poi un amore, anch'esso raccontato con la massima asciuttezza e la massima intensità insieme: “Lussuria e conoscenza. È il massimo che si può avere, giusto?”