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lunedì 25 agosto 2014

La casa della moschea***

Da secoli la famiglia di Aga Jan, ricco mercante di tappeti e capo del bazar, ha legato i suoi destini alla moschea di Senjan, nel cuore della Persia. E' un punto di osservazione fantastico per capire che cosa è successo in Persia/Iran in questi ultimi anni (dalla caduta della scià ad ora). Si ripercorre la modernizzazione filo-occidentale imposta dallo scià, l'intransigente reazione oscurantista che si prepara a Qom, la città degli ayatollah (la roccaforte dell'integralismo sciita), il tentativo "femminista" di Farah Diba, moglie dello scià e immagine dell'emancipazione femminile, Khomeini che prepara la rivoluzione dall'esilio. Eventi che cambieranno il volto dell'Iran.
 
L'autore, Kader Abdolah, è un iraniano che vive in Olanda come rifugiato politico dal 1988. Scrive bene, non è un saggio ma del saggio ha il rigore logico e l'analisi politica. Del romanzo il brio e la psicologia dei personaggi, tutti ben disegnati.

La prima cosa che guardo*, Le cose che non ho*

 

 
L'attrice americana Scarlett Johansson ha vinto la causa contro Gregoire Delacourt: la star lo aveva accusato di "appropriazione indebita della sua immagine" per il personaggio del suo ultimo romanzo ("La premiere chose qu'on regarde" - "La prima cosa che guardo"). Il romanzo racconta la storia di una ragazza francese la cui vita è drammaticamente influenzata dal fatto di essere identica all'attrice americana. Più che una fortuna sembra una condanna. A morte. Si legge di un fiato ed un libricino divertente. Il bello è che a fronte di una richiesta di risarcimento di 50.000 euro, il tribunale ha imposto allo scrittore francese e alla sua casa editrice di pagare 2.500 euro per i danni.
L’autore, Gregoire Delacourt, 1960, ha iniziato a lavorare nel campo pubblicitario nel 1982 come copywriter e nel 2004 ha fondato l'agenzia Quelle belle journée. Il suo primo libro, "L'écrivain de la famille", è del 2011. Nel 2012 ha pubblicato "La Liste de mes envies" ("Le cose che non ho", premiato anch'esso) e nel 2013 La prima cosa che guardo. Si vede che è un bravo copy perché scrive bene: con le parole ha mestiere.
Le cose che non ho è pure divertente e veloce. Protagonista è una vincita alla lotteria che, come sempre, cambia la vita alle persone e genera vicende fantasiose materializzando sogni, ma soprattutto incubi. È quello che accade a Jo, merciaia di Arras, la protagonista di questo romanzo: "un cuore semplice", una donna intelligente e positiva con un'esistenza quieta, piena di piccoli sogni, che per un colpo di fortuna all'improvviso è in grado di realizzarli tutti. Meno uno, il più importante. Baciata dalla fortuna diventa “sfasciata dalla fortuna”.  
Elle.it ha incontrato Grégoire Delacourt a Milano.
-Come pubblicitario, lei sa come giungere al cuore della gente. La sua attività principale ha in qualche modo influito nella genesi di questo romanzo, che è come una favola agrodolce che colpisce?
«Direi di no, qui il mio obiettivo non era vendere. Ma è anche vero che la pubblicità mi ha insegnato a esprimermi con poche parole e mi ha aiutato a conoscere meglio il mondo femminile. Ho lavorato per l’industria cosmetica e ho imparato a conoscere le donne, i loro desideri e sogni. La storia che racconto non è una favola rosa, è grigia. Stiamo attraversando un periodo difficile, in cui le persone sono spesso senza soldi e senza speranza. Il denaro non è la felicità ma è come una bacchetta magica. I francesi spendono ogni anno più di 8 miliardi di euro in lotterie. Da qui mi venuta l’idea di capire cosa succederebbe a una donna di 45 anni se le capitasse di vincere, come cambierebbe la sua vita».
-Che cos’è allora la felicità? Una quotidianità rassicurante che si ripete?
«San Tommaso d’Aquino diceva che la felicità è continuare a desiderare ciò che si possiede. La vera felicità è gratuita. È nell’eleganza di una donna, nelle parole, nello humour, nel riso di un bambino, in un cane che ci viene incontro scondinzolando, nello spettacolo di un’alba… Andiamo troppo in fretta: vogliamo, in fretta, un’auto nuova, una bella donna, un nuovo iPhone. Non si ha il tempo di avere il piacere delle cose. Io credo che dovremmo ritrovarlo. Il denaro ci assicura una vita più confortevole. L’industria del lusso  - mi duole dirlo - ci fa credere che ci renderà più belli con un paio di scarpe, con una borsa… Non è vero. Non bisogna chiedere al denaro ciò che non può darci».
-Tanti, però, dicono che se avessero più denaro sarebbero più felici… «Non è vero! Ricordo la storia di un uomo, francese, separato, con un bambino, che aveva diritto a trascorrere tutti i mercoledì con il figlio. Con un giornalista, si lamentava di non avere i soldi per portarlo in barca, o a Eurodisney. Ma il giornalista gli ha risposto che era sufficiente portare il bambino nel bosco a camminare, a raccogliere funghi. E il piccolo sarebbe stato felicissimo del tempo trascorso col papà!».

-Lei è abilissimo nell’immedesimarsi nella sua protagonista, Jocelyne, una donna di mezza età proveniente da un contesto sociale molto diverso dal suo. È stato complicato?

«In effetti ho la fortuna di avere una madre, una sorella, una moglie eccezionali; in pubblicità, ci sono molte donne, e nei libri, i miei personaggi letterari preferiti sono femminili. Quando finito di scrivere il mio primo libro, dove la protagonista era una madre, mi sono detto che è formidabile essere una donna. Volevo scrivere una storia e guardare al mondo con gli occhi di una donna».

-Bisogna avere una componente femminile sviluppata, per riuscirci.

«Mia madre un giorno mi ha fatto un regalo. Ero ragazzino e stavo piangendo mente guardavo un film, dove c’era un animale che stava morendo. Mio padre mi disse di smetterla, ma mia madre gli rispose di lasciarmi piangere. Questo episodio mi ha trasmesso la fiducia nel diritto di avere dei sentimenti, di esprimere delle emozioni, anche se l'educazione tradizionale impone ai maschi di essere duri. Mi ha fatto davvero piacere aver ricevuto centinaia di lettere da donne che hanno letto il libro e che mi ringraziavano di averle capite e difese. Jocelyne non è una donna banale, è semplicemente normale, come tante. Volevo rendere omaggio alle persone come lei, che hanno comunque delle vite belle».

-Alla fine della storia, la vincitrice è la Jocelyne, l’uomo è perdente… Dunque la donna è più forte?

«Perdono entrambi, in realtà, ma non voglio svelare di più! Quello che davvero mi interessava era capire che cos’è la felicità per una coppia dopo vent’anni, quando desiderio e passione si affievoliscono. Questo è il vero argomento del libro. La felicità è l’amore. Jocelyne è una grande eroina, perché resta fedele ai suoi valori, è coraggiosa e orgogliosa. C’è sempre un prezzo da pagare, e anche Jocelyne pagherà. Ma non avrà tradito se stessa. Spero di potermi reincarnare in una donna!».